II
Quella verità ch'intese Lodovico Castelvetro: che prima dovette nascere l'istoria, dopo la poesia; perché la storia è una semplice enonziazione del vero, ma la poesia è una imitazione di più. E l'uomo, per altro acutissimo, non ne seppe far uso per rinvenire i veri princìpi della poesia, col combinarvi questa pruova filosofica, che qui si pone per
III
ch'essendo stati i poeti certamente innanzi agli storici volgari, la prima storia debba essere la poetica.
IV
Che le favole nel loro nascere furono narrazioni vere e severe (onde mûthos, la favola, fu diffinita «vera narratio», come abbiamo sopra più volte detto); le quali nacquero dapprima per lo più sconce, e perciò poi si resero impropie, quindi alterate, seguentemente inverisimili, appresso oscure, di là scandalose, ed alla fine incredibili; che sono sette fonti della difficultà delle favole, i quali di leggieri si possono rincontrare in tutto il secondo libro.
V
E, come nel medesimo libro si è dimostrato, così guaste e corrotte da Omero furono ricevute.
VI
Che i caratteri poetici, ne' quali consiste l'essenza delle favole, nacquero da necessità di natura, incapace d'astrarne le forme e le propietà da' subbietti; e, 'n conseguenza, dovett'essere maniera di pensare d'intieri popoli, che fussero stati messi dentro tal necessità di natura, ch'è ne' tempi della loro maggior barbarie. Delle quali è eterna propietà d'ingrandir sempre l'idee de' particolari: di che vi ha un bel luogo d'Aristotile ne' Libri morali, ove riflette che gli uomini di corte idee d'ogni particolare fan massime.
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