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      IX
     
      Che tali storie si dovettero naturalmente conservare a memoria da' comuni de' popoli, per la prima pruova filosofica testé mentovata: che, come fanciulli delle nazioni, dovettero maravigliosamente valere nella memoria. E ciò, non senza divino provvedimento: poiché infin a' tempi di esso Omero, ed alquanto dopo di lui, non si era ritruovata ancora la scrittura volgare (come più volte sopra si è udito da Giuseffo contro Appione), in tal umana bisogna i popoli, i quali erano quasi tutti corpo e quasi niuna riflessione, fussero tutti vivido senso in sentir i particolari, forte fantasia in apprendergli ed ingrandirgli, acuto ingegno nel rapportargli a' loro generi fantastici, e robusta memoria nel ritenergli. Le quali facultà appartengono, egli è vero, alla mente, ma mettono le loro radici nel corpo e prendon vigore dal corpo. Onde la memoria è la stessa che la fantasia, la quale perciò «memoria» dicesi da' latini (come appo Terenzio truovasi «memorabile» in significato di «cosa da potersi immaginare», e volgarmente «comminisci» per «fingere», ch'è propio della fantasia, ond'è «commentum», ch'è un ritruovato finto); e «fantasia» altresì prendesi per l'ingegno (come ne' tempi barbari ritornati si disse «uomo fantastico» per significar «uomo d'ingegno», come si dice essere stato Cola di Rienzo dall'autore contemporaneo che scrisse la di lui vita). E prende tali tre differenze: ch'è memoria, mentre rimembra le cose; fantasia, mentre l'altera e contrafà; ingegno, mentre le contorna e pone in acconcezza ed assettamento.


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Principj di scienza nuova
di Giambattista Vico
pagine 534

   





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