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      E la satira serbò quest'eterna propietà, con la qual ella nacque, di dir villanie ed ingiurie, perché i contadini, così rozzamente mascherati sopra i carri co' quali portavano l'uve, avevano licenza, la qual ancor oggi hanno i vendemmiatori della nostra Campagna felice, che fu detta «stanza di Bacco», di dire villanie a' signori. Quindi s'intenda con quanto di verità poscia gli addottrinati nella favola di Pane, perché pãn significa «tutto», ficcarono la mitologia filosofica che significhi l'universo, e che le parti basse pelose voglian dire la terra, il petto e la faccia rubiconda dinotino l'elemento del fuoco, e le corna significhino il sole e la luna. Ma i romani ce ne serbarono la mitologia istorica in essa voce «satyra», la quale, come vuol Festo, fu vivanda di varie spezie di cibi: donde poi se ne disse «lex per satyram» quella la quale conteneva diversi capi di cose: siccome nella satira dramatica, ch'ora qui ragioniamo, al riferire di esso Orazio (poiché né de' latini né de' greci ce n'è giunta pur una), comparivano diverse spezie di persone, come dèi, eroi, re, artegiani e servi. Perché la satira, la quale restò a' romani, non tratta di materie diverse, poiché è assegnata ciascheduna a ciaschedun argomento.
      Poscia Eschilo portò la tragedia antica, cioè cotal satira, nella tragedia mezzana con maschere umane, trasportando il ditirambo d'Anfione, ch'era coro di satiri, in coro d'uomini. E la tragedia mezzana dovett'esser principio della commedia antica, nella quale si ponevan in favola grandi personaggi, e perciò le convenne il coro.


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Principj di scienza nuova
di Giambattista Vico
pagine 534

   





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