Appresso vennero Sofocle prima, e poi Euripide, che ci lasciarono la tragedia ultima. Ed in Aristofane finì la commedia antica, per lo scandalo succeduto nella persona di Socrate; e Menandro ci lasciò la commedia nuova, lavorata su personaggi privati e finti, i quali, perché privati, potevan esser finti, e perciò esser creduti per veri, come sopra si è ragionato; onde dovette non più intervenirvi il coro, ch'è un pubblico che ragiona, né di altro ragiona che di cose pubbliche.
In cotal guisa fu tessuta la satira in verso eroico, come la conservarono poscia i latini, perché in verso eroico parlarono i primi popoli, i quali appresso parlarono in verso giambico; e perciò la tragedia fu tessuta in verso giambico per natura, e la commedia lo fu per una vana osservazione d'esemplo, quando i popoli greci già parlavano in prosa. E convenne certamente il giambico alla tragedia, perocch'è verso nato per isfogare la collera, che cammina con un piede ch'Orazio chiama «presto» (lo che in una Degnità si è avvisato): siccome dicono volgarmente che Archiloco avesselo ritruovato per isfogare la sua contro di Licambe, il quale non aveva voluto dargli in moglie la sua figliuola, e con l'acerbezza de' versi avesse ridutti la figliuola col padre alla disperazion d'afforcarsi: che dev'esser un'istoria di contesa eroica d'intorno a' connubi, nella qual i plebei sollevati dovetter afforcar i nobili con le loro figliuole.
Quindi esce quel mostro d'arte poetica, ch'un istesso verso violento, rapido e concitato convenga a poema tanto grande quanto è la tragedia, la qual Platone stima più grande dell'epopea, e ad un poema dilicato qual è la commedia; e che lo stesso piede, propio, come si è detto, per isfogare collera e rabbia, nelle quali proromper dee atrocissime la tragedia, siesi egualmente buono a ricevere scherzi, giuochi e teneri amori, che far debbono alla commedia tutta la piacevolezza ed amenità.
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