3.
DELLA CUSTODIA DELLE LEGGI.
La custodia degli ordini porta di séguito quella de' maestrati e de' sacerdozi, e quindi quella ancor delle leggi e della scienza d'interpetrarle. Ond'è che si legge nella storia romana, a' tempi ne' quali era quella repubblica aristocratica, che dentro l'ordine senatorio (ch'allora era tutto di nobili) erano chiusi e connubi e consolati e sacerdozi, e dentro il collegio de' pontefici (nel quale non si ammettevano che patrizi), come appo tutte l'altre nazioni eroiche, si custodiva sagra ovvero segreta (che sono lo stesso) la scienza delle lor leggi: che durò tra' romani fin a cento anni dopo la legge delle XII Tavole, al narrare di Pomponio giureconsulto. E ne restarono detti «viri», che tanto in que' tempi a' latini significò quanto a' greci significarono «eroi», e con tal nome s'appellarono i mariti solenni, i maestrati, i sacerdoti e i giudici, come altra volta si è detto. Però noi qui ragioneremo della custodia delle leggi, siccome quella ch'era una massima propietà dell'aristocrazie eroiche; onde fu l'ultima ad essere da' patrizi comunicata alla plebe.
Tal custodia scrupolosamente si osservò ne' tempi divini; talché l'osservanza delle leggi divine se ne chiama «religione», la quale si perpetuò per tutti i governi appresso, ne' quali le leggi divine si devon osservare con certe innalterabili formole di consagrate parole e di cerimonie solenni: la qual custodia delle leggi è tanto propia delle repubbliche aristocratiche che nulla più. Perciò Atene (e, al di lei esemplo, quasi tutte le città della Grecia) andò prestamente alla libertà popolare, per quello che gli spartani (ch'erano di repubblica aristocratica) dicevano agli ateniesi: che le leggi in Atene tante se ne scrivevano, e le poche ch'erano in Isparta si osservavano.
| |
XII Tavole Pomponio Atene Grecia Atene Isparta
|