Finalmente si giunse a tanto, poi che Costantino cancellò affatto le formole, ch'ogni motivo particolar d'equità fa mancare le leggi: tanto sotto i governi umani le umane menti sono docili a riconoscere l'equità naturale. Così, da quel capo della legge delle XII Tavole: «Privilegia ne irroganto», osservato nella romana aristocrazia, per le tante leggi singolari, fatte, come si è detto, nella libertà popolare, si giunse a tanto sotto le monarchie, ch'i prìncipi non fann'altro che concedere privilegi, de' quali, conceduti con merito, non vi è cosa più conforme alla natural equità. Anzi tutte l'eccezioni, ch'oggi si danno alle leggi, si può con verità dire che sono privilegi dettati dal particolar merito de' fatti, il quale gli tragge fuori dalla comun disposizion delle leggi.
Quindi crediamo esser quello avvenuto: che, nella crudezza della barbarie ricorsa, le nazioni sconobbero le leggi romane; tanto che in Francia era con gravi pene punito, ed in Ispagna anco con quella di morte, chiunque nella sua causa n'avesse allegato alcuna. Certamente, in Italia si recavano a vergogna i nobili di regolar i lor affari con le leggi romane e professavano soggiacere alle longobarde; e i plebei, che tardi si disavvezzano de' lor costumi, praticavano alcuni diritti romani in forza di consuetudini: ch'è la cagione onde il corpo delle leggi di Giustiniano ed altri del diritto romano occidentale tra noi latini, e i libri Basilici ed altri del diritto romano orientale tra' greci si seppellirono. Ma poi, rinnate le monarchie e rintrodutta la libertà popolare, il diritto romano compreso ne' libri di Giustiniano è stato ricevuto universalmente, tanto che Grozio afferma esser oggi un diritto naturale delle genti d'Europa.
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