Nella qual verità convengono i volgari dottori, ove dicono che «universitates sub rege habentur loco privatorum», perché la maggior parte de' cittadini non curano più ben pubblico: lo che Tacito, sappientissimo del diritto natural delle genti, negli Annali, dentro la sola famiglia de' Cesari l'insegna con quest'ordine d'idee umane civili: avvicinandosi al fine Augusto, «pauci bona libertatis incassum disserere»; tosto venuto Tiberio, «omnes principis iussa adspectare»; sotto gli tre Cesari appresso, prima venne «incuria» e finalmente «ignorantia reipublicæ tanquam alienæ»: ond'essendo i cittadini divenuti quasi stranieri delle loro nazioni, è necessario ch'i monarchi nelle loro persone le reggano e rappresentino. Ora, perché nelle repubbliche libere per portarsi un potente alla monarchia vi deve parteggiare il popolo, perciò le monarchie per natura si governano popolarmente: prima con le leggi, con le qual'i monarchi vogliono i soggetti tutti uguagliati; dipoi per quella propietà monarchica, ch'i sovrani, con umiliar i potenti, tengono libera e sicura la moltitudine dalle lor oppressioni; appresso per quell'altra di mantenerla soddisfatta e contenta circa il sostentamento che bisogna alla vita e circa gli usi della libertà naturale; e finalmente co' privilegi, ch'i monarchi concedono o ad intieri ordini (che si chiamano «privilegi di libertà») o a particolari persone, con promuovere fuori d'ordine uomini di straordinario merito agli onori civili (che sono leggi singolari dettate dalla natural equità). Onde le monarchie sono le più conformi all'umana natura della più spiegata ragione, com'altra volta si è detto.
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