Imperciocché, essendosi incominciata ad addimesticare la ferocia de' tempi e, con le leggi giudiziarie, incominciate a proibirsi le violenze private, tutte le private forze andandosi ad unire nella forza pubblica, che si dice «imperio civile», i primi popoli, per natura poeti, dovettero naturalmente imitare quelle forze vere, ch'avevan innanzi usate per conservarsi i loro diritti e ragioni: e così fecero una favola della mancipazion naturale, e ne fecero la solenne tradizion civile, la quale si rappresentava con la consegna d'un nodo finto, per imitare la catena con la qual Giove aveva incatenati i giganti alle prime terre vacue, e poi essi v'incatenarono i loro clienti ovvero famoli; e, con tal mancipazione favoleggiata, celebrarono tutte le loro civili utilità con gli atti legittimi, che dovetter essere cerimonie solenni de' popoli ancora mutoli. Poscia (essendosi la favella articolata formata appresso), per accertarsi l'uno della volontà dell'altro nel contrarre tra loro, vollero ch'i patti, nell'atto della consegna di esso nodo, si vestissero con parole solenni, delle quali fussero concepute stipulazioni certe e precise; e così dappoi in guerra concepivano le leggi con le quali si facevano le rese delle vinte città, le quali si dissero «paci» da «pacio», che lo stesso suona che «pactum». Di che restò un gran vestigio nella formola con la quale fu conceputa la resa di Collazia, che, qual è riferita da Livio, ella è un contratto recettizio fatto con solenni interrogazioni e risposte; onde con tutta propietà gli arresi ne furon detti «recepti», conforme l'araldo romano disse agli oratori collatini; - «Et ego recipio». - Tanto la stipulazione ne' tempi eroici fu de' soli cittadini romani! e tanto con buon senno si è finora creduto che Tarquinio Prisco, nella formola con cui fu resa Collazia, avesse ordinato alle nazioni com'avesser a fare le rese!
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Giove Collazia Livio Tarquinio Prisco Collazia
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