Ch'è quello che, troppo acconciamente al nostro proposito, Giustiniano nel proemio dell'Istituta chiama «antiqui iuris fabulas»: il qual motto dev'essere stato d'alcun antico giureconsulto, ch'avesse inteso queste cose qui ragionate; ma egli l'usa per farne beffe. Ma da queste antiche favole richiama i suoi princìpi, come qui si dimostra, la romana giurisprudenza; e dalle maschere, le quali usarono tali favole dramatiche e vere e severe, che furon dette «personæ», derivano nella dottrina De iure personarum le prime origini.
Ma, venuti i tempi umani delle repubbliche popolari, s'incominciò nelle grandi adunanze a ravvisar intelletto; e le ragioni astratte dall'intelletto ed universali si dissero indi in poi «consistere in intellectu iuris». Il qual intelletto è della volontà che 'l legislatore ha spiegato nella sua legge (la qual volontà si appella «ius»), che fu la volontà de' cittadini uniformati in un'idea d'una comune ragionevole utilità, la qual dovettero intendere essere spirituale di sua natura, perché tutti que' diritti che non hanno corpi dov'essi si esercitino (i quali si chiamano «nuda iura», diritti nudi di corpolenza) dissero «in intellectu iuris consistere». Perché, adunque, son i diritti modi di sostanza spirituale, perciò son individui, e quindi son anco eterni, perché la corrozione non è altro che divisione di parti.
Gl'interpetri della romana ragione hanno riposta tutta la riputazione della legal metafisica in considerare l'indivisibilità de' diritti sopra la famosa materia De dividuis et individuis.
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Giustiniano Istituta
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