Platone, dal riflettere che 'n tali ragunanze pubbliche le menti degli uomini particolari, che son appassionate ciascuna del propio utile, si conformavano in un'idea spassionata di comune utilità (ch'è quello che dicono: «gli uomini partitamente sono portati da' loro interessi privati, ma in comune voglion giustizia»), s'alzò a meditare l'idee intelligibili ottime delle menti criate, divise da essi menti criate, le qual'in altri non posson esser che in Dio, e s'innalzò a formare l'eroe filosofico, che comandi con piacere alle passioni.
Onde Aristotile poscia divinamente ci lasciò diffinita la buona legge: che sia una «volontà scevera di passioni», quanto è dire volontà d'eroe, intese la giustizia regina, la qual siede nell'animo dell'eroe e comanda a tutte l'altre virtù. Perché aveva osservato la giustizia legale (la qual siede nell'animo della civil potestà sovrana) comandar alla prudenza nel senato, alla fortezza negli eserciti, alla temperanza nelle feste, alla giustizia particolare, così distributiva negli erari, come per lo più commutativa nel fòro, e la commutativa la proporzione aritmetica e la distributiva usare la geometrica. E dovette avvertire questa dal censo, ch'è la pianta delle repubbliche popolari, il quale distribuisce gli onori e i pesi con la proporzione geometrica, secondo i patrimoni de' cittadini: perché innanzi non si era inteso altro che la sola aritmetica; onde Astrea, la giustizia eroica, ci fu dipinta con la bilancia, e nella legge delle XII Tavole tutte le pene - le quali ora i filosofi, i morali teologi e dottori che scrivono de iure publico dicono doversi dispensare dalla giustizia distributiva con la proporzione geometrica - tutte si leggono richiamate a «duplio» quelle in danaio e «talio» l'afflittive del corpo.
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Dio Aristotile Astrea XII Tavole
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