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      Ed è maraviglioso il ricorso di tali cose umane civili de' tempi barbari ritornati, che, come gli antichi araldi, nell'intimare le guerre, essi «evocabant deos» dalle città alle quali le intimavano, con l'elegantissima formola e piena di splendore qual ci si conservò da Macrobio, onde credevano che le genti vinte rimanessero senza dèi, e quindi senz'auspìci (ch'è 'l primo principio di tutto ciò ch'abbiamo in quest'opera ragionato) - ché, per lo diritto eroico delle vittorie, a' vinti non rimaneva niuna di tutte le civili così pubbliche come private ragioni, le quali, come abbiamo sopra pienamente pruovato principalmente con la storia romana, tutte ne' tempi eroici erano dipendenze degli auspìci divini; lo che tutto era contenuto nella formola delle rese eroiche, la quale Tarquinio Prisco praticò in quella di Collazia, che gli arresi «debebant divina et humana omnia» a' popoli vincitori; - così i barbari ultimi, nel prendere delle città, non ad altro principalmente attendevano ch'a spiare, truovare e portar via dalle città prese famosi depositi o reliquie di santi; ond'è che i popoli in que' tempi erano diligentissimi in sotterrarle e nasconderle, e perciò tai luoghi dappertutto si osservano nelle chiese gli più addentrati e profondi; ch'è la cagione per la quale in tali tempi avvennero quasi tutte le traslazioni de' corpi santi. E n'è restato questo vestigio: che tutte le campane delle città prese i popoli vinti devono riscattare da' generali capitani vittoriosi.
      Di più, perché fino dal Quattrocento, cominciando ad allagare l'Europa ed anco l'Affrica e l'Asia tante barbare nazioni, e i popoli vincitori non s'intendendo co' vinti, dalla barbarie de' nimici della catolica religione avvenne che di que' tempi ferrei non si truova scrittura in lingua volgare propia di quelli tempi, o italiana o francese o spagnuola o anco tedesca (con la quale, come vuole l'Aventino, De annalibus boiorum, non s'incominciaron a scriver diplomi che da' tempi di Federico di Suevia, anzi voglion altri da quelli dell'imperadore Ridolfo d'Austria, come altra volta si è detto), e tra tutte le nazioni anzidette non si truovano scritture che 'n latino barbaro, della qual lingua s'intendevano pochissimi nobili, ch'erano ecclesiastici: onde resta da immaginare che 'n tutti que' secoli infelici le nazioni fussero ritornate a parlare una lingua muta tra loro.


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Principj di scienza nuova
di Giambattista Vico
pagine 534

   





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