Tal ossequio d'affranchiti - essendosi poi sparsa e quindi dispersa la potenza de' baroni tra' popoli nelle guerre civili, nelle qual'i potenti han da dipender da' popoli, e quindi facilmente riunita essendosi nelle persone de' re monarchi - passò in quello che si dice «obsequium principis», nel qual, all'avviso di Tacito, consiste tutto il dovere de' soggetti alle monarchie. Al contrario, per la differenza creduta delle due nature, un'eroica, altra umana, i signori de' feudi furon detti «baroni», nello stesso senso che noi qui sopra truovammo essere stati detti «eroi» da' poeti greci e «viri» dagli antichi latini; lo che restò agli spagnuoli, da' quali l'«uomo» è detto «baron», appresi tai vassalli, perché deboli, nel sentimento eroico, che sopra dimostrammo, di «femmine».
Ed oltre a ciò che testé abbiam ragionato, i baroni furon detti «signori», che non può altronde venire che dal latino «seniores», perché d'essi si dovettero comporre i primi pubblici parlamenti de' nuovi reami d'Europa; appunto come Romolo il Consiglio pubblico, che naturalmente aveva dovuto comporre de' più vecchi della nobiltà, aveva detto «senatum». E, come da quelli, che perciò erano e si dicevano «patres», dovettero venire detti «patroni» coloro che danno agli schiavi la libertà; così, in italiano, da questi dovettero venir chiamati «padroni» in significazione di «protettori», i quali «padroni» ritengono nella loro voce tutta la propietà ed eleganza latina. A' quali, per lo contrario, con altrettanta latina eleganza e propietà risponde la voce «clientes», in sentimento di «vassalli rustici», a' quali Servio Tullio, con ordinar il censo, qual è stato sopra spiegato, permise sì fatti feudi, col più corto passo col quale poté procedere sulle clientele di Romolo, come si è sopra pienamente pruovato.
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