Perciò gl'interpetri eruditi della romana ragione risolutamente niegano queste due spezie barbare di dominio essere state conosciute dal diritto romano, attendendo al diverso suono delle parole, nulla intendendo essa identità delle cose.
Ritornarono i beni ex iure optimo, qual'i feudisti eruditi diffiniscono i beni allodiali, liberi d'ogni peso pubblico nonché privato, e 'l confrontano con quelle poche case che Cicerone osserva ex iure optimo a' suoi tempi essere restate in Roma. Però, come di tal sorta di beni si perdé la notizia entro le leggi romane ultime, così di tali allodi non si truova a' nostri tempi pur uno affatto. E, come i predi ex iure optimo de' romani innanzi, così dipoi gli allodi ritornarono ad essere beni stabili liberi d'ogni peso reale privato, ma soggetti a' pesi reali pubblici; perché ritornò la guisa con la quale dal censo ordinato da Servio Tullio si formò il censo che fu il fondo dell'erario romano: la qual guisa sopra si è ritruovata. Talché gli allodi e i feudi, ch'empiono la somma divisione delle cose in diritto feudale, si distinguettero tra loro dapprima: ch'i beni feudali portavano di séguito la laudazione del signore, gli allodi non già. Dove, senza questi princìpi, si debbono perdere tutt'i feudisti eruditi, come gli allodi, ch'essi, con Cicerone, voltano in latino «bona ex iure optimo», ci vennero detti «beni del fuso», i quali, nel propio loro significato, come sopra si è detto, erano beni di un diritto fortissimo, non infievolito da niuno peso straniero, anche pubblico; che, come pure sopra abbiam detto, furono i beni de' padri nello stato delle famiglie, e durarono molto tempo in quello delle prime città, i quali beni essi avevano acquistato con le fatighe d'Ercole.
| |
Cicerone Roma Servio Tullio Cicerone Ercole
|