Originali sono degli ombrelli di paglia intrecciata, piatti, di circa 60 centimetri di diametro, portati da un bastone infitto al centro, dei quali usano, con tutta serietà, i più rispettabili capi di famiglia e spesso i preti per difendersi dal sole.
Domenica 23. Di buon mattino si comincia a veder arrivare qualche bue, ma i loro padroni accampano nuove pretese, dicendo le casse più pesanti di quanto credevano, volendo essere pagati anticipatamente, e così gridano, strillano, questionano, che davvero sarà benedetta la mano che userà lo staffile o meglio un po' di corda con questa gente senza buona fede, inerte, indolente, cattiva. Finalmente si riesce a caricare, ma siamo alla solita storia dei buoi cattivi, e persino il buon Naretti perde la pazienza quando vede andar a rotoli due delle sue casse e farsi una vera insalata delle sue biancherie coi vasi di legumi e conserve che aveva custodite con ogni riguardo, facendosi una festa di assaporarle forse fra qualche anno. Montiamo noi pure a mulo, ma il Tagliabue, indisposto da un paio di giorni, è impotente a reggervisi, la testa gli gira, la vista gli si confonde, grida che è cieco, che cade, l'occhio ha vitreo, il viso si fa verde, bisogna prenderlo giù di sella e sdraiarlo per terra. Dopo qualche riposo si tenta e ritenta la prova, ma sempre di male in peggio. Cerchiamo in paese un angareb per trasportarlo, non se ne trova; si fanno patti allora con otto uomini che costruiscano una lettiga e pensino a portarlo. Molto male, ma la lettiga si fa; ma questi mascalzoni pretendono essere pagati prima di partire.
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Abissinia
Giornale di un viaggio
di Giuseppe Vigoni
Editore Hoepli Milano 1881
pagine 284 |
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Naretti Tagliabue
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