Nč prigionieri nč feriti furono rispettati, tutto quanto fu trovato facesse parte del nemico si passō a fil di spada. Trattandosi di mussulmani, questi fanatici cristiani non vollero concedere l'onore della sepoltura, ed anche oggi tutto il campo č seminato delle miserande reliquie di questa fatale giornata. Al centro della trincea, dove era radunato lo stato maggiore difeso da una batteria, le ossa, i teschi, i resti dei cavalli coprono letteralmente il terreno, mostrando come si possano calpestare i pių sacri principii di una religione, quando questa sia male interpretata o faccia velo alla ragione col fanatismo.
Profano nell'arte militare, bisogna perō che convenga come sia stato imprudente e insieme ardito il dirigere un corpo di soldati attraverso un paese come questo, dove mancano strade, indicazioni, comunicazioni, dove la natura lo rende doppiamente difficile pel nemico, ma altrettanto propizio a chi vi ha l'abitudine, ostile per di pių, privo affatto d'ogni risorsa e del pių necessario alla sussistenza, dove scarsissima č persino l'acqua, e la poca che si trova, sempre cattiva. Irragionevole poi, mi permetto di dirlo dopo aver visitata la localitā, di far sostare la truppa laddove da tre lati, alle spalle e ai fianchi, era completamente serrata ogni ritirata dalle pareti verticali basaltiche, restando aperto solo il fronte, da dove si poteva, come avvenne, aspettarsi l'attacco nemico.
Il soldato abissinese ha un modo curiosissimo di battersi: al momento della mischia si sbarazza generalmente di tutto quanto porta con sč, spesso anche del fucile, preferendo l'arma bianca: colla spada al fianco, una o due lance nella destra e lo scudo nella sinistra, difendendosi con questo, quasi strisciando e passando da una pietra all'altra, da un albero all'altro, facendo difesa al proprio corpo di tutto quanto incontra, si porta fino a venti o venticinque metri dal nemico.
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Abissinia
Giornale di un viaggio
di Giuseppe Vigoni
Editore Hoepli Milano 1881
pagine 284 |
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