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      Pare però dal consiglio dei più che a gran distanza non debba essere, quindi stabiliamo di mandarvi le nostre mule col più necessario del bagaglio, dando ordine ai servi di ritornare l'indomani mattina prima di giorno coi quadrupedi che devono servire al nostro ingresso. Lasceremo il bagaglio qui affidato ai soldati che penseranno a farcelo avere. Nella giornata intanto, a rompere la monotonia, arriva qualche altro capo dei villaggi vicini, col solito seguito, e spesso ci offrono del tecc, il loro vino, portato entro gigantesche corna da bue rivestite in pelle, e servito in bicchieri pure di corno.
      La sera ci portano miele, una capra e cento pani.
      Domenica 2. Siamo inquieti pei nostri muli che si fanno aspettare; senza questi è impossibile partire e in questi paesi siamo ormai persuasi che in fatto di ritardi bisogna aspettarsi qualunque mostruosità. Intanto arrivano piccole squadriglie di indigeni destinati al trasporto del bagaglio. Verso mezzogiorno finalmente possiamo metterci in marcia tutti quanti: la strada malagevole, la natura sempre la stessa; solo più frequente si incontra qualche tratto di terreno con tracce di coltivazione. Andiamo girando da sud-est a sud e sud-ovest per raggiungere la nostra meta dei monti rocciosi, che di quando in quando ci appaiono, se non nascostici da qualche vicina altura. Si sale e scende per sentieri impossibili, tendendo però generalmente al salire, talchè si arriva a 2150 metri circa per principiare poi la discesa lungo la costa di una catena di alture.


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Abissinia
Giornale di un viaggio
di Giuseppe Vigoni
Editore Hoepli Milano
1881 pagine 284