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      Quei benedetti monti pare si vadano allontanando davanti al grande desiderio di raggiungerli per vedere questa sospirata Adua, della quale ci dicono meraviglie, ma che nessuno ancora sa precisamente indicarci all'ombra di quale vetta sia piantata. Cinque o sei si vedono elevarsi a catena che forma un anfiteatro aperto ad ovest, ed entro cui, vedemmo poi, siede la sospirata capitale. Uno, più ad ovest, sta come a sentinella avanzata degli altri, e si eleva quale piramide triangolare, superbo quasi del suo isolamento, da ricordare l'elegante e ardito profilo del Cervino; l'illusione fugge però subito che si osserva ai piedi uno sterile suolo invece di quel mare di ghiaccio tanto ricco di bellezze e di imponenza. Passiamo presso il piccolo villaggio di Adi-Abuna, artisticamente piantato sul pendio di un'altura, e qui ci vengono ad incontrare una quindicina di cavalieri che formano un gruppo alquanto pittoresco. Sono amici di Naretti, spinti dal desiderio d'essere i primi a dargli il benvenuto. Ritorna qualche euforbia e appare qualche palmizzo. Ancora una mezz'ora ed ecco le prime case di Adua. Non aspettavo certo una gran città, speravo anzi che vi fosse tutto il caratteristico di questi paesi, ma immaginavo un bel paesaggio e me lo avevano descritto ricco di corsi d'acqua e sparso di fresca verdura: invece disillusione completa. Confesso che poche volte provai una sensazione così triste, così sconfortante, e la lessi in viso condivisa dai miei compagni. Solo in parte si presenta il panorama della città che sta disposta sui pendii di diverse alture: le case basse, pochissime hanno una camera superiore, la maggior parte sono tugurii circolari col tetto conico in paglia, alcune rettangolari con piccole aperture, il tetto piatto e coperto con terra su cui cresce l'erba come in una prateria, e alle volte persino qualche arbusto.


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Abissinia
Giornale di un viaggio
di Giuseppe Vigoni
Editore Hoepli Milano
1881 pagine 284

   





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