I tetti si confondono quindi col suolo, i muri sono impastati con fango, quindi sono pure all'unisono col pavimento naturale. Qualche pianta che potrebbe dar vita alla monotonia della scena, sta invece intisichita per mancanza di pioggia e coperta di polvere: quasi nessun abitante che dia animo a questo triste quadro. Dal lato da dove arriviamo, incassato in una fenditura scorre un torrente che attraversiamo a guado per entrare dall'altro lato, salendo l'altura, nelle vie della città. Peggio che mai; il più meschino dei nostri villaggi di montagna è una Parigi al confronto: case disabitate e cadenti, tetti rovinati, carcami di ogni sorta d'animali che ingombrano ad ogni passo la via, l'eco di morte che pare risuoni ad ogni porta, un vero disastro, una seconda Pompei per lo squallore, senza il bello artistico, ma colle tracce recenti della catastrofe. Ma non precipitiamo un giudizio sotto la prima impressione, e così tutti taciturni e avviliti arriviamo alla casa di Natetti, dove abbiamo squisita accoglienza ed un pranzo fatto preparare dai suoi servi che l'aspettano, e al quale ci sentiamo di far molto onore.
Fra i tipi abissinesi, amici di Naretti, che lo circondano, lo baciano e ribaciano e ci danno così nuova testimonianza della stima e dell'affezione che questo buon piemontese ha saputo acquistarsi in questo paese, spicca un tipo europeo che fa magnifico contrasto, e ancor più che sugli altri, sul suo viso, che porta l'impronta di recenti sofferenze, s'illumina quella scintilla di gioja che svela un profondo contento.
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Abissinia
Giornale di un viaggio
di Giuseppe Vigoni
Editore Hoepli Milano 1881
pagine 284 |
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Parigi Pompei Natetti Naretti
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