Alla base ha scolpito una finta porta cui non mancano i particolari delle serrature: misura metri 1.50 di larghezza e 1.15 di spessore, e sorge fra due grosse lastre ora sconnesse, ma che si vede dovevano perfettamente abbracciarlo e formargli come un pianerottolo all'ingiro: il tutto di granito grigio scuro. La pietra che sta sul davanti porta tre forature, come mortai, parallele all'obelisco stesso, ed una quarta al centro avanti alle altre. Rende poetica ed artistica la posizione un secolare sicomoro, di cui il tronco è quindici metri in circonferenza, e che fra le sue sporgenti radici tiene abbracciato un'altro obelisco minore. Nei dintorni molti altri ne stanno di colossali e lavorati, ma caduti e fatti a pezzi: molti riposano presso le stesse pietre che li circondavano, e che portano le stesse forature. Parecchi ne stanno ancora nella loro posizione verticale, ma di minore importanza; alcuni appena regolarmente tagliati o levigati, altri rozzi pezzi di granito a forma di lingua, qualche volta con rigature orizzontali o calotte sferiche in leggero rilievo. Lascio allo studioso il decifrare questi muti testimoni della civiltà d'altri secoli, e mi permetto solo di aggiungere che dalla poca esperienza fatta visitando altre reliquie sorelle, mi pare questo abbia tutta l'apparenza di una necropoli o di una località consacrata al culto. Gli Abissinesi, non potendosi spiegare con quali mezzi siansi potuti innalzare pezzi così grandi e pesanti, ne attribuiscono il merito al diavolo che voleva costruire una gran torre per dare la scalata al cielo.
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Abissinia
Giornale di un viaggio
di Giuseppe Vigoni
Editore Hoepli Milano 1881
pagine 284 |
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Abissinesi
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