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      I due protestanti s'erano accollati a noi e ci seguirono dal re e nel nostro campo, con una impudenza eccezionale, mi è forza dirlo, dacchè seppi che volevano abusare di noi e non avevano nessun permesso del re per presentarglisi. Come colla religione si fa presto a compromettersi in questo paese, Naretti ne parlò subito a qualcuno della Corte, dichiarando che non avevano nulla a fare nè con lui nè con noi, e fu quindi subito fatta piantare un'altra tenda per loro.
      Cominciarono i dignitari di Corte a venir a visitare Naretti, congratulandosi pel suo ritorno, e dragomanno, e tesoriere, e cerimoniere stavano con noi quando udimmo cinque colpi da cannone. Sarebbe ridicolo l'appropriarcene l'onore, che non avendo noi veste ufficiale, anche il re d'Abissinia non consuma la sua polvere per festeggiare l'arrivo di gente che non sa chi sia; ma amici di Naretti e da lui introdotti alla presenza reale, ci fece gran piacere questo segno di distinzione a suo riguardo e ci confortò dell'impressione fredda del primo ricevimento, che ognuno aveva provata, ma che nessuno osava esser primo a confessare. Abbiamo poi subito saputo che la freddezza è nel carattere di re Giovanni, che d'altronde era preoccupato e per la sorpresa del nostro arrivo inaspettato, e per una sentenza che suo malgrado aveva dovuto dare la mattina, e che si eseguiva appunto quando noi arrivavamo, tagliando mano e piede ad un ladro. Ci aggiunsero anzi che pel nostro arrivo erano già destinati cento soldati ad incontrarci e riceverci con salve di moschetteria.


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Abissinia
Giornale di un viaggio
di Giuseppe Vigoni
Editore Hoepli Milano
1881 pagine 284

   





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