Frequenti corsi d'acqua gonfi in questa stagione abbiamo a guadare, e dopo una giornata veramente campale ci fermiamo verso il tramonto chiedendo ospitalità a poche misere capanne a 3450 metri d'elevazione.
Lunedì 30. Saliamo sempre attraverso terreni coltivati e pascoli, fino a raggiungere lo spigolo di una catena che davanti a noi, dal versante nord, si presenta scendere a picco, determinata da una di quelle pareti verticali basaltiche, tanto caratteristiche di queste formazioni e di questo paese. Per un sentiero da camosci discendiamo o meglio precipitiamo fino a raggiungere un terreno meno ingrato; costretti di marciare a piedi, anzi di ajutare qualche volta le mule che affievolite dagli stenti e intimidite dal pericolo si rifiutano di continuare, nell'acqua fin quasi alle ginocchia, chè il poco sentiero raccoglie lo scolo del versante, e sotto una continua pioggia dirotta, avanziamo taciti e pensierosi, preoccupati dal caso di non poter passare il Taccazè e di dover quindi forse rifare questa strada fra pochi giorni, e in condizioni ancora peggiori, ma animati dalle speranze del caso contrario, e di poter quindi essere fra qualche giorno rassicurati che ci sarà libera la via del ritorno. La fitta nebbia continua ci toglie oggi quasi ogni vista sulle regioni più elevate, e solo di quando in quando si scorge al basso il passo di Wogara e parte della via che percorremmo per arrivarvi. Verso le quattro ci fermiamo ad un piccolo villaggio a 3350 metri. Gli abitanti sono tutti pastori che coltivano quel poco di grano che basta pel loro pane, ma il benessere, se benessere conoscono in questo paese, lo ricavano dal bestiame.
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Abissinia
Giornale di un viaggio
di Giuseppe Vigoni
Editore Hoepli Milano 1881
pagine 284 |
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Taccazè Wogara
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