Al tramonto arriviamo laddove la gran catena che fiancheggiamo muore, per dar luogo ad un vastissimo orizzonte. I profili dei monti sono belli ed originali avendo sempre l'apparenza d'essere coronati da torri e da castelli in rovina; la vegetazione scarsa, tranne in qualche punto, e credo a causa delle sostanze minerali, specialmente rame, che si vedono sparse nelle rocce. Il tempo ci favorisce, chè per quanto circondati da continui temporali, pochi arrivano a regalarci le ultime loro grazie.
Ci fermiamo a 1800 metri, dove il suolo è perfettamente arido e sabbioso e solo vi allignano tristi acacie; le abitazioni differiscono dalle solite d'Abissinia essendo basse, in pietra, circolari, col tetto quasi piatto e coperto da terra sostenuta da travi. Lungo la strada bellissimi marmi rossastri, giallognoli e verdastri. Gran battibecco per avere un ricovero, e ci vien poi data una mezza stalla, dove ce la passiamo con delle capre e tutto quello che si può trovare nel loro asilo notturno.
La mattina dopo però il capo del villaggio ci invita a bere del tecc, ci usa mille riguardi e ci domanda mille scuse pel modo con cui fummo alloggiati, essendo lui assente e arrivato solo durante la notte. Dietro il villaggio è un erto colle che saliamo fino a 2200 metri da dove scorgiamo da lontano il sospirato Taccazè che appare in una svoltata, in fondo a profonde valli, e dopo una lunga distesa di alture che dovremo pur troppo digerirci una ad una. Proseguiamo su e giù per creste d'alture e dentro e fuori da vallate seminate sempre da stupendi marmi e belle cristalizzazioni, e sparse di acacie e qualche baobab, dove il suolo ha però apparenza arida, per fermarci verso sera a 1800 metri ad un villaggio dove risiede il preteso capo del Taccazè, quello cioè che dirige il passaggio del fiume per le carovane, e che troviamo briaco fradicio, talchè ci rifiuta qualunque asilo per la notte e assistenza per l'indomani.
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Abissinia
Giornale di un viaggio
di Giuseppe Vigoni
Editore Hoepli Milano 1881
pagine 284 |
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Abissinia Taccazè Taccazè
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