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      Per evitare il caldo insopportabile del giorno e per accelerare, sperando arrivare al vapore egiziano a Massaua, ripartiamo alle due di notte: erta salita, poi forte e lunga discesa: strada pessima, poca luna coperta da nubi, quindi buio quasi perfetto e pericolo continuo di romperci il collo, ma l'orgasmo del rivedere il mare ci spinge e ci sostiene. Si segue sempre la stessa vallata che gira in mille direzioni per tendere in fine a nord-est. Verso le dieci ci fermiamo presso poca acqua putrida, verde quale smeraldo, conservata in una infossatura del letto del torrente. Le montagne si vanno facendo sempre più basse e aride, coperte da piante delle quali letteralmente non restano che i tronchi, e il suolo sparso d'erba gialla che con un fiammifero si potrebbe tutta incendiare. C'è nelle tinte del paesaggio la vera impronta della siccità, della flora bruciata. Lasciate passare le ore del gran sole, ci rimettiamo in strada un paio d'ore prima del tramonto: le nostre mule sono sfinite dalla fatica continua e dalla mancanza di cibo, per cui è forza aiutarle meglio che cavalcarle: il caldo si fa sempre più soffocante, terminano le alture e subentra un vasto piano inclinato fesso di quando in quando da larghissimi letti da torrente. Molti ne attraversiamo, e sempre ci dicono dobbiamo scorgere il mare, ma mai non vi si arriva: il sonno e la stanchezza resi ancor maggiori dall'afa terribile ci ammazzano, ma vogliamo giungere alla meta. Nei letti dei fiumi troviamo scavati dei pozzi dai quali si ha acqua fangosa e salmastra, ma che l'arsura ci fa bere, vincendone la ripugnanza.


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Abissinia
Giornale di un viaggio
di Giuseppe Vigoni
Editore Hoepli Milano
1881 pagine 284

   





Massaua