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      E vegnendo Gulfo al detto castello, la contessa Mattelda con molta cavalleria gli andò incontro, e con molta letizia ivi sono le feste delle nozze fatte. Ma tosto la trestizia succedette a quella allegrezza, quando il contratto matrimonio non annodato si manifestò per lo mancamento dello ingenerare, il quale spezialmente è detto d'essere la volontà del matrimonio, però che Gulfo la moglie carnalmente non potea conoscere né altra femmina per friggidità naturale, o per altro impedimento perpetuo impedito; ma impertanto volendo ricoprire la sua vergogna, diceva a la moglie che questo gli aveniva per malie che fatte gli erano per alcuno che invidiava gli suoi felici avenimenti. Ma la contessa Mattelda piena di fede dinanzi di Dio e dinanzi dagli uomini magnanimi, di questi malificii nulla intendendo, schernita sé per lo marito tenendo, la camera sua e tutti gli ornamenti e letti e vestimenti e tutte cose comandò che·ssi votassero, e la mensa nuda fece apparecchiare, e chiamato Gulfo suo marito tutto spogliata di vestimenti, e' crini del capo diligentemente scrinati, questa disse: "Niune malie essere possono, meni e usa il nostro congiuramento". E quegli non potendo, allora gli disse la contessa: "Alle nostre grandezze tu presummisti di fare inganno; per lo nostro onore a te perdonanza concediamo, ma comandianti sanza dimoranza che·tti debbi partire, e alle tue propie case ritornare; la qual cosa se di fare ti starai, sanza pericolo di morte non puoi scampare"; e egli spaventato di paura, confessata la verità, avacciò il suo ritorno in Soavia.


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Nuova cronica
Tomo Primo
di Giovanni Villani
pagine 501

   





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