LXXIV
Come gli usciti ghibellini di Firenze mandaro in Puglia al re Manfredi per soccorso.
In questi tempi i Ghibellini scacciati di Firenze (ed erano nella città di Siena, e da' Sanesi erano male aiutati contra i Fiorentini, imperciò che non aveano podere contra la loro potenzia) sì ordinarono tra·lloro di mandare loro ambasciadori in Puglia al re Manfredi per soccorso. I quali andati, pure de' migliori e più caporali di loro, più tempo seguendo, Manfredi no·lli spacciava, né udiva la loro richesta, per molte bisogne ch'avea a·ffare. A la fine volendosi partire, e prendendo commiato da·llui molto male contenti, Manfredi promise loro di dare cento cavalieri tedeschi per loro aiuto. I detti ambasciadori turbatisi della prima proferta, e traendosi a consiglio di fare loro risposta, quasi per rifiutare sì povero aiuto, vergognandosi di tornare a Siena, ch'aveano speranza che desse loro aiuto di più di VIc cavalieri, messer Farinata degli Uberti disse: "Non vi sconfortate, e non rifiutiamo niuno suo aiuto, e sia piccolo quanto si vuole; facciamo che di grazia mandi co·lloro la sua insegna, che venuti a Siena, noi la metteremo in tale luogo, che converrà ch'egli ce ne mandi anche"; e così avenne. E preso il savio consiglio del cavaliere, accettaro la profetta di Manfredi, graziosamente pregandolo che al capitano di loro desse la sua insegna; e così fece. E tornati in Siena con sì piccolo aiuto, grande scherna ne fu fatta da' Sanesi, e grande isbigottimento n'ebbono gli usciti di Firenze, attendendo troppo maggiore aiuto e sussidio da Manfredi.
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