Lo re Carlo sentendo come Curradino era passato in Italia, e sentendo la rubellazione delle sue terre di Cicilia e di Puglia fatta per gli baroni del Regno traditori, i quali i più avea lasciati di pregione, e per don Arrigo di Spagna, sì si partì incontanente di Toscana, e a grandi giornate n'andò in Puglia, e in Toscana lasciò messer Guiglielmo di Berselve suo maliscalco, e co·llui messer Guiglielmo lo Stendardo con VIIIc cavalieri franceschi e provenzali, per mantenere le città di Toscana a sua parte, e per contastare Curradino che non potesse passare. E sentendo papa Chimento la venuta di Curradino, sì gli mandò suoi messi e legati, comandando sotto pena di scomunicazione ch'egli non dovesse passare, né essere contra lo re Carlo campione e vicario di santa Chiesa. Il quale Curradino però non lasciò sua impresa, né volle obbedire i comandamenti del papa, parendogli avere giusta causa, e che 'l Regno e Cicilia fosse sua e di suo patrimonio; e però cadde in sentenzia di scomunicazione della Chiesa, la quale ebbe a dispetto, e poco curò; ma istando lui in Pisa, raunò moneta e genti, e tutti i Ghibellini e chi era di parte imperiale si ridusse a·llui, onde gli crebbe grandissima forza. E stando in Pisa, venne a oste sopra la città di Lucca, la quale si tenea per la parte di santa Chiesa, e eravi dentro il maliscalco del re Carlo con sua gente, e il legato del papa e della Chiesa, e colla forza de' Fiorentini e degli altri Guelfi di Toscana e di più gente di croce segnati, i quali per predicazione, e indulgenzia, e perdoni dati dal papa e da' suoi legati erano venuti contra Curradino.
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