Della detta sentenzia lo re Carlo ne fu molto ripreso, e dal papa, e da' suoi cardinali, e da chiunque fu savio, però ch'egli avea preso Curradino e' suoi per caso di battaglia, e non per tradimento, e meglio era a tenerlo pregione che farlo morire. E chi disse che 'l papa l'asentì; ma non ci diamo fede, perch'era tenuto santo uomo. E parve che·lla innocenzia di Curradino, ch'era di così giovane etade a giudicarlo a morte, Iddio ne mostrasse miracolo contra lo re Carlo, che non molti anni appresso Iddio gli mandò di grandi aversitadi quando si credea essere in maggiore stato, sì come innanzi nelle sue storie faremo menzione. Al giudice che condannò Curradino Ruberto figliuolo del conte di Fiandra, genero del re Carlo, com'ebbe letta la condannagione, gli diede d'uno stocco, dicendo ch'a·llui nonn-era licito di sentenziare a morte sì grande e gentile uomo; del quale colpo il giudice, presente lo re, morì, e non ne fu parola, però che Ruberto era molto grande apo lo re, e parve al re e a tutti i baroni ch'egli avesse fatto come valente signore. Don Arrigo di Spagna, il quale era de' pregioni del re, però ch'egli era suo cugino carnale, e perché l'abate di Montecascino che·ll'avea dato preso al re, per non essere inregolare, per patti l'avea dato che nol farebbe morire, nol fece giudicare il re a morte, ma condannollo a perpetuale carcere, e mandollo in pregione al castello del Monte Sante Marie in Puglia; molti degli altri baroni di Puglia e d'Abruzzi ch'erano stati contro a lo re Carlo e suoi ribelli fece morire con diversi tormenti.
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