In prima mandate lettere amichevoli per messi in Guascogna a messer Ramondo del Gotto arcivescovo di Bordello, che gli si facesse incontro, che gli volea parlare; e infra i presenti VI dì fu il re personalmente con poca compagnia e segreta conferito col detto arcivescovo di Bordello, in una foresta badia nella contrada di San Giovanni Angiolini; e udita insieme la messa, e giurata in su l'altare credenza, lo re parlamentò co·llui, e con belle parole, di riconciliarlo con messer Carlo, e poi sì gli disse: "Vedi arcivescovo, i' ho in mia mano di poterti fare papa s'io voglio, e però sono venuto a te: e perciò, se tu mi prometterai di farmi sei grazie ch'io ti domanderò, io ti farò questo onore; e acciò che tu sie certo ch'io n'ho il podere", trasse fuori e mostrogli le lettere e le commessioni dell'uno collegio de' cardinali e dell'altro. Il Guascone covidoso della dignità papale, veggendo così di subito come nel re era al tutto di poterlo fare papa, quasi stupefatto de l'alegrezza gli si gittò a' piedi, e disse: "Signore mio, ora conosco che m'ami più che uomo che sia, e vuomi rendere bene per male: tu hai a comandare e io a ubidire, e sempre sarò così disposto". Lo re il rilevò suso, e basciollo in bocca, e poi gli disse: "Le sei speziali grazie ch'io voglio da te sono queste. La prima, che tu mi riconcilii perfettamente colla Chiesa, e facci perdonare del misfatto ch'io commisi de la presura di papa Bonifazio. Il secondo, di ricomunicare me e' miei seguagi. Il terzo articolo, che mi concedi tutte le decime del reame per V anni, aiuto a le mie spese ch'i' ho fatte per la guerra di Fiandra.
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