E riserbato il maestro loro, e 'l fratello del Dalfino d'Alvernia, e fra Ugo di Paraldo, e un altro de' maggiori de la magione, e istati uficiali e tesorieri del re di Francia, furono menati a Pittieri dinanzi al papa, e fuvi il re di Francia, e promesso loro grazia se riconoscessono il loro errore e peccato, alcuna cosa si dice ne confessaro; e tornati a Parigi, e venuti due legati cardinali per dare la sentenzia e condannare l'ordine sotto la detta confessione, e per dare alcuna disciplina al detto maestro e' suoi compagni, essendo incontro a Nostra Dama di Parigi in su grandi pergami, e letto il processo, il detto maestro del Tempio si levņ in pič gridando che fosse udito: e fatto silenzio per lo popolo, si disdisse che mai quelle resie e peccati loro opposti nonn-erano state vere, e che l'ordine di loro magione era santa e giusta e cattolica, ma ch'egli era ben degno di morte, e voleala sofferire in pace, perņ che per paura e per lusinghe del papa e del re, in alcuna parte l'aveano per inganno loro confessate. E rotto il sermone e non compiuto di dare sentenzia, si partiro i cardinali e gli altri parlati di quello luogo. E avuto consiglio col re, il detto maestro e suoi compagni in su l'Isola di Parigi dinanzi a la sala del re per lo modo degli altri loro frieri furono messi a martirio, ardendo il maestro a poco a poco, e sempre dicendo che la magione e loro religione era cattolica e giusta, accomandandosi a Dio e a santa Maria; e simile fece il fratello del Dalfino; fra Ugo di Paraldo e l'altro per paura del martorio confessaro e raffermaro quello ch'aveano detto dinanzi dal papa e al re, e scamparo, ma poi moriro miseramente.
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