E fu quell'anno il più largo e uberoso di tutte vittuaglie che fosse XXX anni adietro. A l'assedio dimorò lo 'mperadore infino a l'ultimo dì del mese d'ottobre, guastando il contado tutto da la parte di levante, e fece gran danno a' Fiorentini sanza dare battaglia niuna a la città, stando in isperanza d'averla di concordia; e tutto l'avesse combattuta, era sì guernita di gente a cavallo, che due tanti e più n'aveva a la difensione della città che di fuori, e gente a piè per ognuno IIII. E rassicurarsi sì i Fiorentini, che i più andavano disarmati, e teneano aperte tutte l'altre porte, fuori che da quella parte; e entrava e usciva la mercatantia, come se non v'avesse guerra. Dell'uscire fuori i Fiorentini a battaglia, o per viltà o per senno di guerra, o per non avere capo, in nulla guisa si vollono mettere a la fortuna del combattere, che assai aveano il vantaggio, s'avessono avuto buono capitano, e tra·lloro più uniti che non erano. Ben feciono una cavalcata a Cerretello, che v'erano tornati i Pisani a oste, e ancora gli ne levarono a modo di sconfitta del mese d'ottobre. Lo 'mperadore fu malato più giorni a San Salvi, e veggendo non potea avere la città per accordo, né la battaglia non voleano iFiorentini.
XLVIII
Come lo 'mperadore si partì dall'asedio da San Salvi e andonne a San Casciano, e poi a Poggibonizzi.
Lo 'mperadore con sua oste si partì la notte vegnendo la Tusanti, ardendo il campo, valicò Arno per la via ond'era venuto, e acampossi nel piano d'Ema di lungi a la città da III miglia.
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