'era ritratto a la guardia di Lucca con grande paura, e poca di sua gente mandati a guardare i passi sopra la Guisciana. Ma sempre ov'è la discordia è il minore podere, tutto sia più gente; e ancora per difetto del non sofficiente duca, il conte Novello, che non era capitano a conducere sì fatto esercito, per necessità convenne tornassono a Firenze sanza nulla fare, con grande onta e vergogna di loro e del Comune di Firenze. E oltre a questo, crescendo peggio al male, che certi nobili scommossono gli sbanditi, che non sarebbono dal Comune tratti di bando, onde a bandiere levate vennono i detti isbanditi innanzi a la città, credendo per forza entrare dentro, la sera, dì XIIII di luglio. Sentendo ciò il popolo a suono di campane s'armò, e trassono a la guardia de la città, del palazzo del popolo; e tutta la notte guardaro francamente, temendo di tradimento dentro ordinato per gli detti certi de' nobili. Gli sbanditi perduta la speranza, e la mattina vegnente, dì XV di luglio, tornando la cavalleria e l'altra oste, si fuggirono i detti isbanditi, e la città si racquetò con molta riprensione. Avemo seguito per ordine questo processo de' Fiorentini, perché siamo di Firenze e fummo presenti, e il caso fu nuovo e con più contrari, e per quello seguì apresso, per dare esemplo a' nostri successori per lo nanzi d'esser più franchi e più interi e di migliore consiglio, vogliendo onore e stato de la repubblica e di loro.
CCXV
Come il vescovo d'Arezzo prese il castello di Rondine.
Nel detto anno, a dì XVII di luglio, s'arrendé il castello di Rondine al vescovo d'Arezzo, e gli Aretini che v'erano stati ad assedio più mesi.
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