XLI
Come le terre del viscontado in Valdambra si diedono al Comune di Firenze.
Nel detto anno, essendo già la segnoria de' Tarlati d'Arezzo molto abassata per la perdita del Borgo a Sansipolcro e per quella de la Città di Castello, come dicemo adietro, e per la forza de' Perugini ch'era col loro ordine montata con l'aiuto de' Fiorentini, che ispesso con le loro masnade correano insino in su le porte d'Arezzo, e aveano riposto il Monte San Savino, e di quello i Perugini faceano guerra al continuo, e più volte vi sconfissono di loro masnade; per la qual cosa quelli del viscontado, cioè il castello del Bucino in Valdambra, e quello di Cenina, Galatrone, Rondine, e la Torricella, i quali teneano i Tarlati, e di gran parte v'aveano su ragione per certe compere per loro fatte da certi de' conti Guidi, temendo de la guerra, e conoscendo che li Aretini non li poteano difendere né soccorrere, si diedono al Comune di Firenze a dì II di novembre, faccendoli franchi per V anni, dando li detti castelli uno cero a la festa di san Giovanni ciascuno anno. Il quale fu un bello acquisto a Fiorentini, e un grande allargamento e aconcio di loro contado per quello che·nne seguìo apresso.
XLII
Come ne la città di Pisa ebbe battaglia, e furone cacciati certa parte.
Nel detto anno e tempo, essendo la città di Pisa in grande setta e divisione, che l'una parte era il conte Fazio con la maggiore parte de' popolani che reggeano li ufici de la città, l'altra setta erano i non reggenti, ond'erano capo messer Benedetto e messer Ceo Maccaioni de' Gualandi, e certi de' Lanfranchi e più altri grandi, e Cola di Piero Bonconti e più altri popolani, i quali ordinarono cospirazione in Pisa per abattere il conte e i reggenti suoi seguaci, con trattato di messer Mastino de la Scala, che·lli aveano promessa la signoria di Pisa, e elli dovea loro mandare le sue forze de' cavalieri da Lucca.
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