LXXVII
Come la nostra oste di Lombardia andarono infino alle porte di Verona, e corsonvi il palio, ed ebbono Montecchio.
Nel detto anno, rotto ogni trattato d'accordo da·nnoi e Viniziani con meser Mastino, la nostra gente intorno di IIIm cavalieri cavalcaro sopra la città di Verona a dì XVIII d'aprile, e per forza combattendo ebbono la terra di Soave presso a Verona, ch'era guernita per meser Mastino, e morìvi di sua gente più di CCCC uomini. E poi a dì XXI d'aprile si strinsono presso alle porte di Verona al gittare d'uno balestro, e' nostri capitani dell'oste, che tuttora v'avea uno cavaliere di nobili e uno popolano di maggiori di Firenze, e simile di Vinegia, per dispetto e vergogna di meser Mastino feciono correre uno palio di sciamito dinanzi alla porta di Verona, mandando bando che ciascuno di Verona che volesse potesse sicuramente venire di fuori a vedere il giuoco e correre il palio; ma pochi n'uscirono. E partitosi l'oste nostra da Verona, a dì III di maggio s'arrendé a·lloro il grande e forte castello di Montecchio, il quale è·lla chiave tra Verona e Vincenza; e quello fornito di vettuaglia e di gente d'arme, la nostra oste si tornò al castello di Lungara, il quale era a quelle frontiere ben disposto a·ffare guerra al Mastino. E nota, lettore, come adopera la fortuna nel secolo, e maggiormente ne' processi delle guerre, che poco tempo dinanzi messere Mastino ch'era in tanto stato e signoria, che signoreggiava Verona, Padova, Trevigi, Vincenza, Parma, Lucca, e·lla città di Feltro, e Civita Belluna, e molti grandi e forti castelli, e avea gran tesoro ragunato, e a' suoi soldi al continovo tenea più di Vm cavalieri tedeschi alle spese delle dette otto città; ed era un grande e possente tiranno, il maggiore di tutta Italia o che fosse stato intra C anni; e poco dinanzi minacciati avea i Fiorentini di venirli a vedere infino alle porte di Firenze con Vm barbute di ferro, e fatta fare una ricchissima corona d'oro e di pietre preziose per coronarsi re di Toscana e di Lombardia; e poi intendea d'andare nel regno di Puglia e torlo per forza d'arme al re Ruberto; e sarebbegli venuto fatto, se non fosse il giudicio di Dio per aumiliare la sua superbia, e·lla potenza del Comune di Firenze e di quello di Vinegia, che ripugnaro e recaro a poca potenza e basso stato co·lloro operazione e danari, per lo modo che leggendo avete inteso; e ancora, come intenderete, il recarono a maggiore stremità, che convenne che 'ngaggiasse a usura la sua corona e tutti i suoi gioelli per avere danari per resistere alla sua guerra; però che per guardare le sue terre e tenute gli convenia in ciascuna mettere grossamente, salvo che di Lucca e di Verona, tiranneggiandole con grandi torzioni traeva alcuna cosa.
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