Ma pure la nostra mal guidata oste fu sconfitta con nostro danno e vergogna e disinore, sventuramente a dì II d'ottobre MCCCXLI.
CXXXV
Digressione sopra la detta sconfitta.
Quando fu la detta sconfitta, noi Giovanni Villani autore di questa opera eravamo in Ferrara stadico di meser Mastino per lo nostro Comune cogli altri insieme, come dicemmo adietro; e in due giorni apresso avemmo la novella assai più grave ch'ella non fu, onde ci cusammo tutti essere prigioni di meser Mastino, stimandoci che 'l nostro Comune per la detta sconfitta fosse rotto e sbarattato, e che·cci convenisse ricomperare non solamente Cm fiorini d'oro promessi, ma·lla redenzione de' prigioni e·lla menda de' cavalli di meser Mastino. E compiagnendoci insieme amaramente sì del pericolo incorso al nostro Comune, e sì del nostro propio danno e interesso, uno de' nostri compagni cavaliere compiagnendosi quasi verso Iddio, mi fece quistione dicendo: "Tu hai fatto e fai memoria de' nostri fatti passati e degli altri grandi avenimenti del secolo, quale puote esere la cagione, perché Iddio abbia permesso questo arduo contro a·nnoi, essendo i Pisani più peccatori di noi, sì di tradimenti sì d'essere sempre stati nimici e persecutori di santa Chiesa, e·nnoi ubidenti e benefattori?". Noi rispondemmo alla quistione, come Iddio ne spirò oltre alla nostra piccola scienza, dicendo che in noi regnava solo un peccato intra gli altri che più spiacea a Dio che quelli de' Pisani; ciò era non avere in noi né fede né carità. Rispuose il gentiluomo quasi commosso, dicendo: "Come la carità, che più se ne fa in Firenze in uno dì, che in Pisa in uno mese?
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