E in questi tempi ispirò e si compié l'uficio di XX rettori stati in Firenze e guastatori della republica per le cagioni dette ne' loro processi adietro, e lasciando il Comune in debito di più di CCCCm di fiorini d'oro a cittadini, sanza il debito promesso a meser Mastino. Per le quali cagioni il duca ne montò in grande pompa, e crebbegli la speranza del suo proponimento d'essere al tutto signore di Firenze col favore di grandi e del popolo minuto; e per consiglio di certi de' detti grandi ne richiese i priori ch'allora erano all'uficio. I detti priori cogli altri ordini, dodici e' gonfalonieri, e gli altri consiglieri, in nulla guisa vollono asentire di sottomettere la libertà della republica di Firenze sotto giogo di signore a vita, il quale non mai fu aconsentito o soferto per li nostri padri antichi né a 'mperadori, né a·rre Carlo, né suoi discendenti, e tanto fossero amici o confidenti in parte guelfa o ghibellina, né per isconfitte o male stato ch'avesse il nostro Comune. Il detto duca per sudducimento e conforto quasi di tutti grandi di Firenze, e spezialmente principali quelli della possente casa de' Bardi, e Frescobaldi, Rossi, e Cavalcanti, Bondelmonti, e Cavicciuli, e Donati, e Gianfigliazzi, e Tornaquinci, per rompere gli ordini della giustizia ch'erano sopra i grandi, e così promise loro il duca; e di popolo: Peruzzi, Acciaiuoli, Baroncelli, Antellesi e loro seguaci, per cagione del male stato delle loro compagnie, perché il duca gli sostenea inn-istato, non lasciandoli rompere, né strignere a' loro creditori; e gli artefici minuti, a·ccui spiacea il reggimento stato de' XX e di popolari grassi: tutti gli profersono aiuto in arme.
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