E quando ciò fu raportato al re Filippo di Francia suo sovrano, subitamente disse a' suoi baroni che gli erano d'intorno in sua lingua: "Alberges est le pelegrin, mas il i a mavoes ostes", il quale fu un propio motto e di vera sentenzia e profezia, come poco tempo apresso gli avenne. Ancora nonn-è da dimenticare di mettere in nota una brieve lettera d'amunizione di grande sentenzia, che·ssi trovò in uno suo forziere quando fu cacciato di Firenze, la quale gli avea mandata il re Ruberto come seppe ch'egli avea presa la signoria di Firenze sanza sua saputa o consiglio, la quale di latino facemmo recare
in volgare per seguire il nostro stile, la quale dicea [...].
IV
La lettera che i·rre Ruberto mandò al duca d'Atene, quando seppe ch'avea presa la signoria di Firenze.
Non senno, non vertù, non lunga amistà, non servigi a meritare, non vendicatogli di loro onte, t'ha fatto signore de' Fiorentini, ma·lla loro grande discordia e il loro grave stato, di che se' loro più tenuto, considerando l'amore che t'hanno mostrato, credendosi riposare nelle tue braccia. Il modo ch'hai a tenere a volerli bene governare si è questo. Che·tti ritenghi col popolo che prima reggea, e reggiti per lo loro consiglio, non loro per lo tuo; fortifica giustizia e i loro ordini, e come per loro si governavano per sette, fa' che per te si governino per diece, cioè numero comune, che lega in sé tutti i singulari numeri, ciò vuol dire no·lli reggere per sette né divisi, ma a comune. Abbiamo inteso che traesti quelli rettori della casa della loro abitazione, cioè de' priori, nel palagio del popolo fatto per loro contentamento del propio; rimettilivi, e abiterai nel palagio ove abitava nostro figliuolo, cioè nel palagio della podestà, ove abitava il duca di Calavra, quando fu signore in Firenze.
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