Sentendo ciò quelli dell'Aquila, che v'erano a oste, se ne partirono con alcuno danno, e ridussonsi nell'Aquila a guardia della terra, e quella aforzaro e guerniro di vittuaglia. Il duca di Durazzo colla sua oste, ch'ogni dì gli crescea gente, si puose all'asedio della città dell'Aquila, e quivi stettono fino all'uscita d'agosto guastando intorno; ed ebbevi più scontrazzi e badalucchi, quando a danno dell'una parte, e quando dell'altra. In questa stanza arrivò in Italia il vescovo di Cinque Chiese, overo di V Vescovadi, fratello bastardo del re d'Ungheria (si dicea savio signore e valentre in arme) con da CC gentili uomini d'Ungheria e d'Alamagna a cavallo e in arme, e con danari assai, e sogiornò alquanto a Forlì e in Romagna, prima ricevuti graziosamente da meser Mastino al suo valicare, e poi da tutti i signori di Romagna, e ivi soldò quanta gente poté avere a cavallo, e arrivò a Fuligno; sicché con gente ch'era soldata a Fuligno, ch'al tutto si tenieno dalla parte del re d'Ungheria, ond'era capo mesere Ugolino de' Trinci, vi si trovò più di M cavalieri, e nell'Aquila e d'intorno al paese n'avea bene altri mille al soldo del re d'Ungheria. Sentendo ciò quelli ch'erano all'asedio dell'Aquila, ed essendo già fornito il servigio di tre mesi che' baroni deono servire la corona, e non avendo soldo dalla corte, si cominciarono a partire; e 'l primo si partisse fu il conte di Sanseverino, che per li più si disse ch'amava più la signoria del re d'Ungheria che degli altri reali; e partito lui, tutti gli altri si partirono sconciamente e sciarrati, ricevendo alcuno danno dalla gente ch'erano nell'Aquila.
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