ALLA MEMORIADI
LUIGI LA VISTAMORTO PER LA PATRIA
IL 15 MAGGIO 1848
DANTE E LA LETTERATURA IN ITALIAI.
Nel principio di questo secolo, si pubblicava a Roma la Visione d'un frate Alberico, monaco di Montecassino, e subito si vide accapigliarsi l'irrequieta moltitudine dei comentatori. Da un lato si voleva, in quella strana leggenda, trovar la prima idea del poema sacro; e dall'altro, si gridava allo scandalo contro chi poteva veder somiglianza tra le divine immagini del poeta, e i sogni puerili d'un frate ignorante. Ma questa battaglia cessò presto, e non si seppe mai chi aveva ottenuto la vittoria. Gli avversari sembravano stanchi d'aver tirato dei colpi in aria, senza risultato; il pubblico non capiva, perchè uno scritto così povero sollevasse tanto rumore; e per un pezzo non s'è udito più ragionar di frate Alberico. In questo mezzo, però, si trovava nelle letterature straniere un gran numero di simili leggende, che parevano avere colla Divina Commedia i medesimi rapporti. Storici ed eruditi, come Ozanam, Labitte, Wright e tanti altri, non esitarono punto a dire, che Dante ritrovò l'idea del suo poema in tutto il secolo; che la Francia, la Germania, tutta l'Europa avevano contribuito in qualche modo alla Divina Commedia.
Nè ciò bastava. Dopo avere studiato ed esaltato i poeti provenzali e le sue leggende, la Francia poneva in luce un numero prodigioso di poemi cavallereschi, di racconti e poesie liriche, nell'antica lingua dell'oil; li commentava ed illustrava con vasta dottrina. Non era contenta poi di dichiarare i suoi cento poeti del medio evo più antichi di tutti i nostri; ma voleva ancora negl'Italiani vedere dei seguaci ed imitatori degli antichi Francesi.
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