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      Ma ogni giorno diveniva pił necessario avere una lingua nuova, per esprimere idee nuove: le Crociate avevano dato uno straordinario impulso; le Universitą raccoglievano dotti nazionali e stranieri, moltiplicavano le idee, ed il bisogno di scrivere e poetare in lingua volgare, veniva ormai generalmente sentito. E, cosa notevole, i primi tentativi di sollevare a dignitą letteraria i molti dialetti, sembrano riuscire, per diverse vie, ma con singolare rapiditą, a trovare quasi una lingua comune. Questo fece stillare il cervello ai nostri eruditi e filosofi, che sull'origine della lingua italiana scrissero eterni volumi, senza potersi fra loro accordare. Noi non vogliamo seguirli nelle sottili indagini; ma la somiglianza di quei risultati si spiega, osservando che i dialetti erano in quel tempo, assai pił vicini fra loro, che non sono oggi, come vien provato da tutte le antiche carte; che il latino era la guida comune, quando si tentava sollevare e ripulire uno dei dialetti nazionali; e che a quest'opera si pose mano nelle cittą, dove si raccolsero i migliori ingegni d'Italia. Era, infatti, l'anima di tutta la nazione, che cercava il suo linguaggio, e quasi direi il suo corpo. Sembra che si tenti e ritenti pił volte, in diversi punti, per trovare il terreno meglio adatto a fecondare la nuova pianta, che finalmente sorge rigogliosa e fiorente.
      Varii documenti ci provano l'antichitą di questi incerti tentativi; ma nella corte di Federico II, a Palermo, noi vediamo addirittura i primi segni della lingua e della letteratura volgare.


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Antiche leggende e tradizioni che illustrano la Divina Commedia
di Pasquale Villari
1865 pagine 287

   





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