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      Le visioni dell'altro mondo cominciano cogli apostoli e coll'Apocalisse, e si diffondono per tutto l'Oriente. Quelle di Saturo, di Perpetua, di Carpo, di Cristina, rapiti in estasi a contemplare le pene dell'inferno o le glorie del paradiso, riempiono i primi secoli del Cristianesimo. Nel VI secolo dell'era volgare, esse cominciano a divenire un genere permanente e persistente nella sacra letteratura. Ne' dialoghi di S. Gregorio Magno si parla d'un soldato, che fa un viaggio nell'altro mondo, dove trova un ponte, sul quale passano i buoni, mentre i cattivi, impotenti a passare, restano fra i tormenti. Questo ponte, che alcuni vogliono imprestato dalla teogonia persiana, che si ritrova anche nel Corano, resta come un soggetto obbligato in tutte le leggende posteriori. Molto popolare diviene la leggenda di Barlaam e Giosafatte, che ci parla del figlio d'un re indiano, condotto da un angelo nel Paradiso; e cosė pure il misterioso viaggio di tre monaci, che per veder dove il cielo e la terra si congiungono, percorrono l'India e arrivano alla porta del paradiso terrestre, dove essi trovano S. Macario, noto nelle leggende della Morte, e citato ancora da Dante (Par. XXII, 49): non potendo entrare, tornano a vivere nel loro convento. Tutte queste leggende orientali, insieme con molte altre, passano colle Crociate dall'Oriente in Occidente, dove mutano alquanto l'indole loro. In Oriente, infatti, predomina quasi unicamente la descrizione del paradiso, mentre fra di noi i popoli germanici fanno subito incominciare la descrizione dell'inferno.


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Antiche leggende e tradizioni che illustrano la Divina Commedia
di Pasquale Villari
1865 pagine 287

   





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