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      Vediamo poi il caso strano di S. Pietro costretto a lasciare un momento Alberico, per dar retta ad un'anima, che picchia alle porte del Paradiso, di cui esso ha le chiavi. Il purgatorio e l'inferno sono ancora confusi; ma gli angioli e le anime dei beati sono distribuite negli astri, che Alberico percorre, accompagnato dalla sua guida. Questa gli parla a lungo della vita monastica, loda il fondatore de Benedettini, ed allude ad altri fatti e persone note ad Alberico. Percorrono insieme diverse regioni della terra, ove sono spettatori di nuovi tormenti e nuovi tormentati, che non si sa ben dire se sono descritti come fatti reali o allegorici. Strano è davvero, che un bambino di nove anni abbia potuto vedere e raccontare queste visioni, in cui si ragiona d'ogni sorta di peccati, e si narrano fatti alla sua innocenza sconvenienti. Comunque sia di ciò, la visione si propagò, e massime tra' Benedettini; e trovasi riprodotta nell'antico affresco d'una chiesa di Fossa, diocesi d'Aquila. A Roma ve n'è un manoscritto meno antico, su cui il Cancellieri condusse la sua edizione; e non è difficile, che ne corressero ancora versioni italiane, ma di straniere non ne abbiamo alcuna notizia17. Dante lesse probabilmente questa visione, come altre molte di quelle, che allora erano in giro, fra cui si possono anche citare quelle descritte nelle opere del calabrese abate Gioacchino morto nel 1202. Quest'uomo singolare, noto per le sue profezie, per le sue idee di riforma religiosa e d'avversione alla corruttela clericale, ci racconta d'essere stato rapito in ispirito e d'essersi dopo sei giorni trovato in mezzo a bestie feroci.


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Antiche leggende e tradizioni che illustrano la Divina Commedia
di Pasquale Villari
1865 pagine 287

   





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