Egli udiva il rumore delle fucine infernali, le strida dei dannati, e s'esaltava nell'impeto irresistibile della sua creazione, perchè trovava nel suo cuore il segreto per ispiegare quel simbolico regno. E pure egli esita ancora, egli non osa varcare la soglia delle segrete cose; quando, ecco s'avvicina l'ombra misteriosa di colui, sul cui volume era divenuto macro, l'ombra che era stata benefica protettrice degli eroici soldati repubblicani: il genio dell'arte e della libertà si presenta a lui sotto le amabili e nobili sembianze di Virgilio. Egli è mandato da Beatrice, la quale ha traversato l'infinito spazio de' cieli, per venire in aiuto, di colui che amò, e lo aspetta, per essergli guida a contemplare la beatitudine del paradiso. Allora egli vince sè stesso, ed entra nel regno delle ombre.
Ma non è un'anima separata dal corpo, che s'incammina; non è un'estasi o una visione la sua; egli s'avanza in corpo ed anima, è Dante Alighieri, l'indomito Ghibellino con tutte le sue passioni e le sue memorie, co' suoi sdegni generosi, coll'impeto de' suoi affetti. E quando si trova fra le ombre, queste sembran quasi ripigliar corpo, sentono il sangue scorrere nelle loro vene, si rianimano delle antiche passioni, tornan Guelfi e Ghibellini, e qualcuna, memore ancora della patria fiorentina, tenta d'abbracciare il poeta, dimenticando che non è più rivestita d'umana carne. Lo stesso Alighieri s'è talmente perduto nella sua ispirazione, che resta addolorato e sorpreso, quando volendo affettuosamente stringere il suo Casella, le braccia gli ritornano al seno.
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