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      Il poeta procede così fino al paradiso, portando sempre con sè l'umana natura, e quasi comunicandola ai dannati ed ai beati del cielo. Ivi Beatrice lo guida, e mentre che egli, memore dell'antico affetto, pende dagli occhi di lei; ella lo conduce innanzi a Dio, accanto a cui siede e risplende d'una luce così viva che il rapito amante non sa più sostenerla. Rivolge allora l'affaticato sguardo in sè stesso, e si ritrova finalmente di nuovo sulla terra.
      Dante Alighieri, adunque, aveva innanzi a sè trovato una lirica tutta artifizio e convenzioni, una lingua incerta ed ancora mal formata; ma sentito nel suo animo un affetto vero e sincero, vi si abbandonò pienamente, ed ascoltando la voce del suo cuore, potè creare la lirica moderna. Nato in mezzo ai partiti, pose tra i Guelfi ed i Ghibellini il concetto d'una patria comune; fra le teoriche degli scrittori imperiali e papali, il principio del diritto come fondamento dello Stato; e ridonava così alla società civile la sua indipendenza, ed agl'Italiani il sentimento di nazione. Volse lo sguardo a tutta la sapienza del suo secolo, e seppe conciliare nell'immortale poema la città di Dio con quella degli uomini. La vita terrena e la vita celeste non furono più in contraddizione; l'altro mondo gli apparve come una continuazione di questo, sottoposto alle medesime leggi. Portando nel cielo un elemento umano, ritrovava sulla terra un principio divino, e da questa nuova armonìa nasceva l'arte moderna. E così per Dante la sorgente perenne della poesia è il cuore dell'uomo, in cui il Dio cristiano si rivela ai mortali; il principio della scienza è la ragione; la base della società è il diritto.


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Antiche leggende e tradizioni che illustrano la Divina Commedia
di Pasquale Villari
1865 pagine 287

   





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