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      Questo Tantolo si era pieno di rei vizii e de mala dottrina, lussurioso, superbo, e impiva tutte le sue voluntade, non timendo l'omnipotente Dio, da cui descende tutte le grazie. Sempre despregiava li poveri de Dio e li suoi comandamenti; e se alcuno povero gli andava a dimandare caritate, lui sì li cacciava via e incitaveli li cani drieto, digando65 che lui voleva inanzi dare el suo pane a li cani, che a li poveri; chè li suoi cani li davano diletto et utile; e minacciandoli forte che lui li faria66 rompere l'ossa e bastonare con bastoni, se egli tornavano mai più. Mai questo Tantolo non andava in chiesia, nè diceva orazione, nè si raccomandava a Dio. Diceva che non sapeva ch'el fusse Dio, e ch'altro Dio non era, se non ad essere ricco e darsi bon tempo e piacere; e chi così poteva fare si era Dio, e che lui era Dio in questo mondo, e che altro mondo non era. Questo Tantolo apparecchiava ben ad altrui da mangiare, e per continuo forestieri aveva con seco a mangiare, e sempre teniva le porte aperte per essere laudato e nominato per quella cittade, e molto si laudava se medesimo, di quello che esso faceva, quando lui era in molta gente.
      A Dio piacque de exterminare tanta mala vita quanta era in costui, cioè Tantolo, per questo modo. Uno cittadino di quella città molto ricco fece nozze per menare donna, e fece grande apparecchiamento, e fece invitare molta gente di quella città e d'altre terre; e questo Tantolo li fu invitato ancora lui a queste nozze. E quando fu il dì de la festa, tutte le persone invitate vennero al convito, e dieno l'acqua a le mani a tutti, e assentassi67; e portati li cibi sopra le mense con grande festa, questo cavagliere, ch'avea nome Tantolo, distese la mano a la scutella per tuorre del cibo; e avendo la mano in la scutella, cominciò a cridare molto forte: Oimè! oimè! oimè! Aiutateme ch'io mi moro.


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Antiche leggende e tradizioni che illustrano la Divina Commedia
di Pasquale Villari
1865 pagine 287

   





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