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      E quando questa anima vide tormentare queste anime così, fu tutta smarrida, e disse a l'angelo: O missere, pregoti che mi dichi s'el ti piace, che avevano coloro fatto, che sono iudicati a così fatte pene. E l'angelo disse: Questi sono omicidiali de patre e de madre e de' fratelli: questa si è la pena deputata a loro et a quelli che consente, e da poi sono mandati a magiore pena ch'io te mostrarò. Allora l'anima, sentendosi incolpata, disse: Dime, missere, porterò io questa pena? Rispuose l'angelo e disse: Ben l'hai meritata, ma tu non la porterai; e avenga che tu non abbi morto padre nè madre, pur tu sei stato omicidiale d'altri; ma tu non sara' punito a questa fiada. E guardati de questa ora inanzi, quando tu serai tornato in lo tuo corpo; perchè tu saresti punito come costoro. E poi disse: Andiamo oltra, che noi avemo a fare grande viaggio. E caminando oltra, fumo giunti ad uno monte grandissimo, de grandi boschi e de obscura solitudine. In quella cava stretta, da l'una parte de la via del monte era fuoco de solfore puzolente e tenebroso; da l'altra parte era neve agiazata81 con granelle e vento orribile. Et era questo vento apparecchiato a premere le anime, pieno de tormentatori, sì che 'l non era alcuno passo securo, per coloro che passavano. E quelli tormentatori sì avevano in mano forche de ferro appontidi et affocadi, con tre denti revolti a modo de rampini, con li quali pigliavano l'anime che passavano, e tiravale in le ditte pene, e mettevale, con li forcadi ne le pene del foco e del solfore.


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Antiche leggende e tradizioni che illustrano la Divina Commedia
di Pasquale Villari
1865 pagine 287

   





Dime Andiamo