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      E non è maraviglia, conciosia cosa che molte migliara d'anime erano accese, dolendosi e lamentandosi de la pena grande che portavano; et era innanzi a la bestia grandissima moltitudine de' demonij che constringevano le anime ad intrare in quella bocca; ma inanzi che le intrasseno l'affligavano duramente.
      Allora l'anima avendo vedute tutte queste pene, venne quasi tutta a meno per la paura, e piangendo disse a l'angelo: Io son tutta tolta giù del senno de questa cosa, che tu vedi88. Potressimo noi el nostro viaggio compire, che noi89 passassimo questo tormento? Disse l'angelo: Non scamperà niuno, se non coloro che sono eletti a vita eterna. Questa bestia si ha nome Acheronte, la quale someglia tutti li avari; de la quale bestia dice tutta la Scrittura: Chi transgiutirà el fiume Giordano non intrarà nella bocca sua. Fu dui giganti al mondo, l'uno ebbe nome Feragudo, e l'altro Chinelaco. E poi disse: Tutte queste generazione de pene che tu hai vedute, sono molte grande; ma ancora te ne mostrarò de maggiore. E dicte queste parole, andassemo oltra, e fussemo pur apresso la bestia. E incontinente l'angelo disparve, et io rimasi solo sconfitto. Vedendo li demonij, ch'io era rimaso solo, mi corsero adosso, come cani rabiosi, e me flagellono duramente, e poi mi gittono in quella bestia a tormentarmi. Ma quanti son quelli tormenti e pene ch'io portai, fu fortissima penitenzia che da poi non feci io. Ma perchè mi studio d'abreviare l'istoria, non scrivo ogni cosa; ma per non essere negligente de questa materia, et a edificazione de li lettori scriverò de molte pene ch'io portai.


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Antiche leggende e tradizioni che illustrano la Divina Commedia
di Pasquale Villari
1865 pagine 287

   





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