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      E ditte queste parole, quello sacerdote ch'io vidi passare el ponte securamente, fu menato a vedere le pene de' peccatori; acciò che vedute quelle pene, se accendesse più fortemente ad amare colui che l'avea liberato da quelle pene, e che l'avea menato a vedere tutti129 beni. Unde quello sacerdote fu trovato fidele servo e savio; acciò aveva corona de vita, la quale Dio promisse a coloro che l'amano130. E poi disse l'angelo: Perciò che ancora tu non hai vedute tutte le pene, che vi son; farati prode, che noi andiamo a vedere quelle, che tu non hai vedute. Et io disse a l'angelo: Se voi possiti, andemo tosto a le pene; e poi tornaremo a la gloria.
      CAPITULO VII.
      Come l'angelo et io trovassemo una bestia ferocissima, suso uno logo de giazza131.
      Andando l'angelo et io oltra, trovassemo una bestia più desmisurata e più crudele; che mai avessi veduta in prima, la quale avea doi piedi, doe ale, el becco longissimo. El becco suo era di ferro, e per la bocca gittava fuoco, e mai non s'asmorzava, e sedeva sopra uno lago tutto appresso de giazza. E questa bestia sempre devorava tutte l'anime che possea trovare, e poi che le avea nel ventre suo, per li tormenti erano disfatte e tornate in niente; et portavale ne lo lago giaciato, e qui se renovavano da capo li tormenti. E tutte le anime de omini e de femine, che discendevano ne lo lago, s'ingravedavano, e aspettavano lo tempo che gli era dato al parturire. E dentro dal ventre erano morsegadi a modo de' serpenti da la creatura; e per li dolori che sentivano l'anime misere, suso per le onde puzzolente de lo lago giazzato, poi venivano al tempo del parturire; e per li dolori che le sentivano, cridavano et impivano lo inferno de' guai, e così parturivano li omini come le femine.


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Antiche leggende e tradizioni che illustrano la Divina Commedia
di Pasquale Villari
1865 pagine 287

   





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