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      E niuno di coloro chesono in quelle pene e tormenti, sa o può sapere in alcuno modo quanto tempo abbia a stare nelle dette pene; ma quando per loro si farà344 dire messe e altre orazioni e salmi, o dànnosi limosine per l'anime loro, sentonsi allora sciemare e alleggierare le pene e' tormenti che patiscono, ovvero trargli345 delle pene ov'eglino sono, e mettere in oltre pene minori di quelle, infino a tanto che, per questi così fatti benefici, e' sieno perfettamente liberati; e poi vengono ad abitare in questa beata patria, nella quale niuno può sapere quanto tempo ci debba stare. Ma secondo, siccome ne' luoghi346 delle pene, chi vi sta poco tempo, e chi assai, secondo il modo e la quantità de' peccati; e così simigliantemente in questo beato luogo, chi ci starà più e chi meno, secondo ch'arà meritato, e secondo l'aiuto ch'avrà da quegli che vivono.
      Ed avegniadio, che noi siamo qui liberi da ogni pena e tormento; nondimeno non siamo degni ancora di salire e andare a quella superna gloria e patria di vita eterna, e niuno di noi può sapere, quando saremo esaltati347 e grolificati in maggior gloria, che questa che qui abbiamo. E siccome tu vedi, noi siamo qui in grande riposo; ma compiuto il tempo che la divina Providenza ha ordinato a ciascuno, noi saremo tratti di questo beato luogo, e saremo menati a quella patria celestiale, a vedere e sempre possedere quella beatissima e infinita grolia di vita eterna. E imperochè questa nostra beata compagnia di questa gente benedetta che tu vedi, continovamente in alcuno modo crescie e in alcuno modo scema; allora possiamo dire ciertamente ch'ella cresca, quand'alcuno è tratto di quelle terribili pene, avendovi compiuto lo termine suo, ed è menato ad abitare qui in questo paradiso terresto.


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Antiche leggende e tradizioni che illustrano la Divina Commedia
di Pasquale Villari
1865 pagine 287

   





Providenza