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      Allora bene possiamo dire che sciemi, quando alcuno è tratto di questo paradiso terresto, e fatto salire a quello paradiso superno e celestiale, dove sempre mai starà ad abitare in quella superna grolia e beatitudine, che mai non avrà fine. E di questo così ammirabile accrescimento e grolioso scemamento, facciamo sempre nuova festa e letizia; imperochè co' molta allegrezza e ioconditade ricieviamo coloro che escano delle pene e vengono ad abitare qui in questa beata patria; e così simigliantemente grandissima letizia abbiamo di coloro che sono tratti quinci, e sono menati a quella patria celestiale, a godere que' beni eternali che mai non avranno fine. Amen.
      D'un monte, là onde vide la porta del cielo,
      e come fu pasciuto del cibo di vita etterna348.
      Da poi che que' beati arcivescovi ebbono compiuto di dire e narrare al cavaliere tutte le sopradette cose, sì lo menarono co' loro in su 'n uno grande monte. Ed essendo già pervenuti con grande fatica, nella sommità d'esso monte altissimo, dissono quegli arcivescovi al cavaliere: O carissimo fratello, leva gli occhi tuoi in alto, e raguarda diligientemente questo Cielo ch'è qui sopra a noi, acciò che tu ci sappi rispondere di che colore ti pare che sia. La qual cosa egli sollecitamente facciendo, con grande letizia rispuose e disse, che gli pareva, secondo al suo vedere, che egli fosse simigliante a l'oro fine, ch'è nella fornacie ardente. La cui rispuosta que' beati uomini chiaramente intendendo, sì gli dissono: Sappi che questo cielo così riluciente è la porta del superno Paradiso cielestiale, e per questa beata porta entrano tutti coloro ch'escono di questo Paradiso terresto, cioè che sono tratti di questo luogo e sono menati alla grolia di vita eterna.


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Antiche leggende e tradizioni che illustrano la Divina Commedia
di Pasquale Villari
1865 pagine 287

   





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