Dopo questo primo responso, videro i nostri due litiganti una Vacca decrepita, che pascolava da sola in riva al fiume. Chiamatala a sè, il Bramino le fece la stessa domanda, se cioè fosse permesso far del male a chi ci ha beneficato e se fosse una virtù il nuocere a coloro che ci resero dei servigi.
-Che mi parli tu di virtù? - esclamò la Vacca. -La virtù odierna consiste nel divorare quelli che ci nudriscono, come pur troppo io lo so per prova. Finora ho io reso all'uomo i più importanti servigi; ho lavorato i campi, gli ho dato dei vitelli, l'ho nudrito del mio latte; ed ora, divenuta vecchia, mi vedo disprezzata, abbandonata, sola in riva a questo fiume, esposta a tutti i momenti ad esser divorata dalle bestie feroci.
Alla rovina totale del Bramino non mancava che la sentenza di un terzo arbitro. Si diressero i due litiganti a una Volpe, e il Bramino tornò a formulare la sua domanda: è permesso render male per bene?
Prima di rispondere la Volpe volle essere informata dei fatti, e quando gli ebbe saputi, scoppiò in una grassa risata.
- Prima di emettere una sentenza, - disse poi,-mostratemi un po' come avete viaggiato insieme.
Senza esitare un momento, il Coccodrillo entrò nella bisaccia del Bramino, e questi, caricatasi la bisaccia in ispalla, mostrò all'arbitro come avesse trasportato il suo avversario fino a quel posto.
La Volpe ingiunse allora al Bramino di seguirla, e quando furono giunti in un luogo isolato e remoto, gli fece posare a terra la bisaccia. Poi, agguantata una grossa pietra, la scagliò con furia sulla testa del Coccodrillo e la schiacciò. Indi, voltasi al Bramino:
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